L’edizione 2016 della Settimana nazionale degli Archivi, delle Biblioteche e dei Centri di documentazione della Cgil ha proposto il tema dei Diritti individuali e collettivi, dei loro cambiamenti e sviluppi dagli anni ’70 del ‘900 ai giorni nostri.

A Pesaro, nell’ambito dell’iniziativa, la CGIL provinciale, in collaborazione con la biblioteca Bobbato e l’ISCOP, è stato presentato il libro di Andrea Girometti e Luca Gorgolini “Il Piano del lavoro della CGIL (1949 – 1950) e l’Italia della Ricostruzione. Dal contesto nazionale al caso pesarese” (Ediesse).

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All’incontro, oltre ai due autori, hanno partecipato, Simona Ricci, Segretaria generale provinciale CGIL Pesaro e Urbino, Roberto Ghiselli, Segretario generale CGIL Marche e Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio della CGIL nazionale.

Il libro analizza la declinazione che il Piano del lavoro proposto da Giuseppe Di Vittorio nel 1949 ha assunto a livello locale.

Dalla quarta di copertina:

Il Piano del lavoro che Giuseppe Di Vittorio presenta ufficialmente nell’autunno 1949 affonda le sue radici negli anni contraddittori del secondo dopoguerra, all’interno di un paese che a fatica si trascina fuori dalle macerie materiali e morali prodotte dalla dittatura fascista e dal conflitto mondiale.

La sua breve vicenda si attiva e si conclude in un importante momento di transizione della neonata Repubblica, sia sul versante delle dinamiche economiche sia sul versante di quelle politiche, nel pieno di uno scontro ideologico che per molto tempo condizionerà la storia politica nazionale e la storia del movimento sindacale. Muovendo dalla ricostruzione puntuale di questi aspetti, il volume passa ad affrontare l’effettiva declinazione che il Piano ha assunto su scala locale, fermando l’attenzione sul caso del Piano provinciale di Pesaro e Urbino che rappresenta un esempio paradigmatico di popolarizzazione del medesimo.

In esso si colgono innovazioni, aspirazioni e limiti dell’organizzazione sindacale e delle forze politiche di sinistra, i cui rapporti, come in ambito nazionale, non furono privi di divergenze, nonché lo sforzo di aprirsi ad ampi settori della società testimoniato anche dal ruolo interpretato dagli esperti coinvolti nella preparazione del Piano. Infine si scorgono i tentativi di perseguirne, in una congiuntura politica sfavorevole, almeno alcuni obiettivi di fondo a livello locale da parte di amministratori e dirigenti politici delle forze socialcomuniste allora egemoni.

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