Pesaro – Leggiamo sulla stampa locale una dichiarazione da parte di un dirigente dell’Asur Marche – Area vasta 1, che fa seguito a disposizioni interne il cui contenuto è imbarazzante dal momento che individua nei possibili comportamenti degli operatori una delle cause di propagazione del virus, circa il fatto che attribuire il contagio degli operatori sanitari al contesto lavorativo sarebbe una “conclusione sommaria”.

Ora giova ricordare che Inail indica come infortunio sul lavoro quello occorso ad operatori sanitari per cui non sia stato possibile individuare l’origine del contagio dando così una tutt’altro che sommaria interpretazione del rischio connesso al lavoro svolto da medici, infermieri, professionisti sanitari, ausiliari ed oss.
Se ciò non bastasse le molteplici segnalazioni che le scriventi, fin da fine febbraio, hanno mandato alle direzioni delle aziende sanitarie riguardavano la ASSOLUTA CARENZA RISPETTO AI DPI, e in alcuni casi nemmeno idonei, in dotazione al personale e l’assoluta disorganizzazione nella gestione dell’emergenza che portava a promiscuità pericolose e preoccupanti.

E’ bene ricordare a questo punto dell’emergenza che alcuni operatori sanitari venivano additati come seminatori di terrore se indossavano le relative mascherine (chirurgiche) in reparto non si doveva creare allarmismo tra i colleghi e con i degenti Gli stessi operatori che oggi risultano positivi al coronavirus.
Se a questo aggiungiamo che, nonostante le nostre reiterate richieste, gli operatori non sono stati sottoposti a tampone e monitoraggio come avrebbero meritato non solo a garanzia della loro sicurezza ma anche a tutela della salute dei degenti e della collettività, si capisce perfettamente che il contesto lavorativo in cui si trovavano ad operare li stava esponendo a rischi di contagio il cui risultato è drammaticamente ora sotto gli occhi di tutti.

Le recenti positività scoperte tra i degenti e gli stessi operatori sanitari dell’Ospedale di Urbino sono la prova che la gestione da parte delle azienda di emergenza finora è fallita.
I pazienti trasportati a Urbino con il servizio di emergenza territoriale presumibilmente in attesa di verifica del tampone ma ai posteri risultati Covid positivi, in una struttura ospedaliera dichiarata dalla Regione NO COVID, ha ampliato il contagio tra i degenti ricoverati nel reparto di medicina ed indirettamente contagiato gli operatori sanitari in turno.
A questo punto dell’emergenza è assurdo mantenere all’interno del 2° piano dell’ospedale di Urbino posti letto ibridi ovvero una parte di reparto dedicata ai degenti Covid positivi e a distanza di qualche decina di metri un reparto di degenti no covid. Bisogna evitare la promiscuità.
Nel rigettare quindi quel tipo di impostazione, ricordiamo che gli operatori sanitari meriterebbero maggiore rispetto per questo chiediamo ancora una volta: fornitura di idonei DPI, organizzazione del lavoro che preservi più possibile dal rischio contagio, possibilità (ad oggi incredibilmente negata ) che possano fruire degli istituti contrattuali previsti anche dal recente decreto cura Italia per l’assistenza dei figli minori e dei familiari portatori di handicap (la cui fruizione risulta essere sospesa a seguito di una circolare interna della Direzione di area vasta), un necessario riconoscimento economico ed un ancora più necessario percorso di stabilizzazione per tutto il personale precario in deroga ai requisiti previsti dal D lgs Madia 75/2017.
Il rischio infatti è che le regioni limitrofe, più veloci ad adottare le necessarie soluzioni, facciano proposte contrattuali più ragionevoli e che non solo non si riesca ad acquisire più personale ma si perda anche le tante professionalità, con contratto a scadenza, già presenti ed operative nelle nostre aziende sanitarie.

Vania Sciumbata Fp Cgil Alessandro Contadini Cisl Fp

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