«Sai cos’è, alcuni tra noi vengono perché ci sono loro, i ragazzi. Magari non te lo dicono, ma lo capisci dall’entusiasmo che ci mettono. Non li vedi mai così arzilli quando facciamo le nostre iniziative». Ci scherza su, Filiberto Gargamelli, capo lega dello Spi di Isola di Piano e di altri sette comuni del comprensorio. Intanto ha piazzato la sua roulotte nel parcheggio, e non si muove da qui, cadesse il mondo. Coordina i lavori, segue i giovani con discrezione, a volte anche nei loro problemi personali, e poi alla sera – dopo una giornata di lavoro e formazione – ci discute alla pari, senza troppi formalismi.

Ed eccoli i ragazzi della Fattoria della Legalità di Isola di Piano, una trentina in tutto, età compresa tra i 15 e i 24, compresi i sei volontari che danno una mano a gestire le attività del campo promosso da Libera e Arci, assieme allo Spi e ad altre sei associazioni. In questi giorni lavorano – sotto il sole – alla realizzazione di un barbecue con materiali di riuso e tecniche tanto ecologiche quanto antiche. La Fattoria è un cantiere a cielo aperto. Sotto la direzione dell’architetto Andrea Cecconi, c’è chi impasta l’argilla ricavata dalle colline circostanti, con acqua, sabbia e paglia, chi lavora con la betoniera, chi piazza i bancali. Usati come casseri vengono poi riempiti di questa speciale calce fatta di terra e scarti agricoli, per sostenere il barbecue. Una volta completati, i bancali vengono coperti da una speciale sostanza per renderli ignifughi, e sopra di essi si edificano i muri alla maniera contadina, con un misto di acqua, terra e sterco di cavallo come amalgama. Si lavora spalla a spalla. Filiberto, Luigi, Aldo, Luciano dello Spi insegnano ad usare gli attrezzi del mestiere, i ragazzi imparano.

Alcuni sono alla loro prima esperienza, altri sono alla loro seconda o terza volta, come Barbara, di Isola del Piano, che quest’anno all’esame di maturità ha presentato una tesina proprio sul campo di Isola: «Volevo riportare la testimonianza del lavoro che facciamo qui, ho un bene confiscato a pochi chilometri da casa mia, perché non parlarne nella tesina? Ebbene, sono riuscita a far colpo sulla commissione che mi ha fatto i complimenti». Perché venire qui e non andare in vacanza, ad esempio? «Perché qui si è costruito nel corso degli anni un gruppo coeso, che lavora sodo ma si diverte anche, e dove tutti, giovani e anziani danno una mano a fare una cosa concreta come recuperare un bene confiscato alla mafia». Arrivano quasi tutti dalle scuole della provincia di Pesaro e Urbino ed è una peculiarità del campo. «Fin dall’inizio, abbiamo preferito investire sul territorio, cominciando dagli studenti. Abbiamo capito che sono quelli più sensibili al tema della legalità assieme agli anziani, mentre quelli dell’età di mezzo sono assorbiti da altre preoccupazioni», spiega Damiano, studente universitario in trasferta a Roma e animatore del Circolo Arci di Fano.

«E pensare che all’inizio – continua Anita, l’altra coordinatrice e attivista di Libera – facevamo fatica a convincere le insegnanti, ora sono loro a chiamarci per parlare ai ragazzi». E’ un lavoro che paga: quest’anno gli studenti che hanno scelto di venire a Isola sono in numero doppio rispetto a quelli dell’anno precedente. E chi passa da qui, spesso rimane in contatto con le associazioni che lavorano alla Fattoria e a volte ritornano come volontari. Altri, invece, diventano “messaggeri di legalità”, andando a parlare con i ragazzi delle scuole medie. «E’ un lavoro – osserva Damiano– che facciamo tutto l’anno, non ci limitiamo alla settimana del campo. Ad esempio, la Biblioteca della Legalità che stiamo via via costruendo qui alla Fattoria, è diventata grazie al sostegno di altre organizzazioni, una biblioteca itinerante dal nome suggestivo di “101 Titoli”, attraverso cui prestiamo libri a tema alle classi».

Il lavoro attorno alla Fattoria ha progressivamente cementato la collaborazione tra le associazioni, non senza slanci di solidarietà. «Il giorno di Natale del 2013 – racconta Filiberto – mi arriva una telefonata: avevano rubato i 60 ulivi che avevamo piantato appena 20 giorni prima. Opera di balordi? Un avvertimento mafioso? Non lo abbiamo mai saputo. Certo è che alcuni mesi dopo il furto,noi e i volontari della Fattoria della Legalità, attraverso il passaparola, mettiamo su una campagna di finanziamento con l’emissione di Oilbot, riuscendo a ricomprare gli ulivi e a ripiantarli».

Così come si stringono rapporti personali e di fiducia tra gli attori in campo. «Ad esempio, – prosegue Damiano – a me e ad Anita è parso normale all’inizio andare allo Spi, cinque anni fa, per proporgli di mettere in cantiere il primo campo della legalità qui a Isola. Era una proposta timida, che persone come Filiberto, hanno accolto subito con entusiasmo».

Alla fine, viene fuori un lavoro proficuo, dove tutti imparano qualcosa. Racconta Laura, volontaria di 24 anni e una laurea in chimica ambientale: «C’è un bel clima, noi ci affidiamo completamente ai ‘ragazzi’ dello Spi, ti insegnano la manualità, a usare il trapano o il martello, ma anche a imparare la legalità attraverso la vita vissuta. E’ un po’ come se fossero degli zii acquisiti». «Cosa impariamo dai giovani? – risponde Catia Rossetti, segretaria provinciale dello Spi – Ad essere un po’ meno autoreferenziali . Stiamo imparando che si può essere impegnati e coerenti, anche divertendosi. Quando cominciai ad interessarmi di politica eravamo molto seriosi, perfino una vacanza era vista come una trasgressione a questa serietà. Invece si lavora con il sorriso sulle labbra, che non è la superficialità che si vede in giro. E’ leggerezza. E’, come dire: venite, imparate e divertitevi».

(A.F.)

Pubblicato da LiberEtà su “In campo!” 

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