Questo 25 aprile, festa della LIBERAZIONE, in concomitanza con i tragici eventi di Ucraina, deve essere più che mai un appuntamento di “Memoria, Liberazione e Impegno per la Pace”. Pur dichiarando la nostra solidarietà al popolo aggredito, non possiamo non dichiarare la nostra estraneità al “mainstream” della chiamata al riarmo. Infatti un inasprimento delle tensioni potrebbe portare ad una catastrofe apocalittica.
Riteniamo giusto definire la lotta degli Ucraini come una resistenza, ma ci sembra in errore chi la identifica con la nostra Resistenza. Per noi allora la guerra era già in atto e dare le armi ai nostri resistenti era realmente dare un contributo ad abbreviare la guerra.
Ora, al contrario, le armi, possono diventare la spinta definitiva per entrare nella catastrofe globale. Secondo la nostra Costituzione la fornitura di materiale bellico ad un paese che si sta difendendo è legittima. Rimane comunque in costituzione il rigetto della guerra sancito dall’art. 11 e l’invito a non considerare alcuna guerra giusta, secondo lo spirito della cultura democratica e cristiana.
Ma sopratutto, in riferimento alle vicende ucraine, quel che sembra mancare è il muoversi contestualmente, alla luce delle tre “D” difesa, diplomazia, dissuasione. Con le ultime due piuttosto messe da parte. Max Weber, nel definire il senso dell’ agire politico, distingue tra Etica della Convinzione ed etica della Responsabilità: la prima tiene conto unicamente dei principi morali di colui che agisce, indipendentemente dalle conseguenze : vedi religioso o rivoluzionario che agiscono sulla base di principi per loro inderogabili, a prescindere dalle conseguenze che potrebbero derivarne.
La seconda, l’etica della responsabilità, è, al contrario, quella che accetta di dover rispondere anche delle conseguenze delle proprie azioni, valutando di non produrre un male superiore al bene che si potrebbe ricavare dalla azione intrapresa.
Si vede dunque come questa etica della responsabilità sia connessa intimamente alla prassi politica e alla vita sociale, perché non perda mai di vista le conseguenze pratiche dell’agire dentro la Comunità. Si tratta di un agire razionale rispetto allo scopo. Un agire razionale che coinvolge la comunità. Forse è proprio questo che manca: l’insipienza della politica che non “ sa agire” … Ci sentiamo di lanciare pertanto, come DONNE PENSIONATE della CGIL , un appello perché in Italia e nel Mondo torni un grande e diffuso MOVIMENTO per la PACE, che risulta piuttosto soffocato a tutti i livelli da una troppo riaffermata corsa al riarmo.