La scuola dimenticata dall’emergenza sanitaria è un’occasione persa

Tuscia Sonzini Flc Cgil: “Il diritto all’istruzione non è stato garantito. Rabbia e amarezza

PESARO, 1 giugno 2020 – La scuola pubblica, uno dei pilastri di un paese civile e democratico, con la crisi sanitaria non ha mai riaperto e il futuro è assai incerto, a partire da come sarà la ripresa delle lezioni a settembre.
Tuscia Sonzini, segretaria generale Flc Cgil Pesaro Urbino spiega qual è oggi lo stato dell’istruzione e quali sfide attendono insegnanti, studenti, personale amministrativo senza dimenticare le famiglie.
“Non è bastata una pandemia per porre rimedio alle innumerevoli problematiche che attanagliano il mondo dell’istruzione in Italia – scrive Tuscia Sonzini -. Anzi, l’approccio ministeriale, finora oltremodo entusiastico e acritico, non ha affrontato alla radice le questioni, le ha solo coperte e rimandate a settembre con il rischio che il divario fra scuole e famiglie cresca a dismisura.
Per far fronte all’emergenza, gli operatori della scuola, in mancanza di indicazioni chiare, si sono rimboccati le maniche, si sono spesi tantissimo pur di mantenere un contatto con gli studenti, pur di continuare ad esercitare la propria professione. La didattica a distanza (DAD) è stata una didattica dell’emergenza, anche se si è mostrata efficace sotto molti aspetti, ma ha anche chiaramente rivelato che non è sufficiente a trasmettere ciò che di più importante il virus ha tolto alla scuola: la relazione, la socialità, il rapporto diretto. E’una didattica che non ha raggiunto tutti, che ha emarginato i soggetti più deboli e che di fatto non ha garantito il diritto all’istruzione, sancito dalla nostra Costituzione. Il lavoro esercitato a distanza inoltre ha fatto sì che si superasse il confine tra la sfera privata e quella professionale degli individui. L’abbiamo chiamato “smart working”, quando di veramente “smart” non c’è stato nulla, perché il lavoro da remoto, se segue le regole e le logiche del lavoro in presenza, si chiama lavoro da casa e rischia di essere esercitato senza tenere conto dei diritti basilari dei lavoratori. Tutto ciò è stato giustificato dall’emergenza, dalla fretta di porre rimedio, ma ora che si rischia una non ben definita ripartenza a settembre, sarebbe giunto il momento di fare una riflessione profonda e un’attenta disamina di ciò che la scuola è, di ciò che la scuola sarà.
Ed ecco che l’occasione per superare le annose problematiche della scuola sembra sfumare di giorno in giorno. Come potremo realizzare la regola del distanziamento se le classi continueranno ad essere così numerose, come potremo se gli spazi scolastici non avranno un ampliamento, come potremo far fronte a entrate scaglionate, turni pomeridiani, se gli organici resteranno invariati; organici che da molto tempo non sono sufficienti rispetto al reale fabbisogno delle scuole. Come potremo, infine, garantire la continuità didattica che il prossimo anno sarà ancor più importante, se si prevede un aumento esponenziale delle supplenze per il mancato accordo su un sistema di reclutamento che avrebbe garantito la copertura dei posti a settembre. La FLC CGIL, insieme alle altre organizzazioni sindacali ha proclamato uno sciopero per l’8 giugno, un’azione in cui confluiscono rabbia e amarezza. La rabbia dettata dal fatto che risposte concrete non ci sono, l’amarezza perché ancora una volta il mondo dell’istruzione sembra essere ai margini dei provvedimenti governativi, ancora una volta gli investimenti e le risorse non sono sufficienti, ancora una volta la miopia e la superficialità del Ministero, andranno a colpire quello che è il futuro del nostro paese.

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