Primo Maggio 2020: il lavoro in sicurezza per costruire il futuro del nostro territorio e del Paese

La riflessione dei segretari generali di Cgil Cisl e Uil Pesaro e Urbino sulla Festa dei Lavoratori

“Mai come in questo periodo la festa del lavoro può darci il senso e lo stimolo di guardare al futuro con spirito di speranza e voglia di ricominciare, di ripartire e far ripartire il Paese.
Il lavoro, da sempre, è quel mezzo necessario al sostentamento ma è anche il principale strumento di emancipazione dal bisogno e di riscatto sociale, e che ci permette di svolgere un ruolo nel processo di crescita collettiva.
Mai come in questo periodo di enormi difficoltà causate dalla pandemia, dalla conseguente emergenza sanitaria e alle tragedie vissuta da tante famiglie con i tanti lutti che hanno segnato la nostra provincia.
Oltre a queste terribili conseguenze il nostro presente e il nostro futuro saranno inevitabilmente segnati da una fortissima crisi economica e produttiva, che già ha inciso profondamente nella vita dei lavoratori e nel tessuto produttivo del nostro territorio.
Le settimane e i mesi che abbiamo di fronte, segneranno di certo una fase significativa di enormi difficoltà, nel mondo del lavoro, ma potrebbe anche essere l’occasione per fare quello che in tanti hanno teorizzato solo sulla carta, prima di questa emergenza: agire finalmente su quel modello produttivo, che già aveva evidenziato tutti i suoi limiti con l’ultima crisi economica.
E’ giunto il momento di mettere in atto un’azione collettiva, in grado di apportare quelle necessarie riforme nel tessuto produttivo del nostro Paese, per convertire e rendere effettivamente sostenibile il nostro sistema economico e sociale.
Dobbiamo pretendere che il ritorno alla normalità non sia il ritorno al “mondo che abbiamo conosciuto prima della pandemia”, con le sue dinamiche di sfruttamento senza limiti delle persone, delle risorse e dell’ambiente. Dovremmo invece sforzarci di immaginare e mettere in atto quelle innovazioni anche di carattere culturale, che hanno fondato le loro teorie sulle raccomandazioni che il modo scientifico ha lungamente preannunciato e che tanti governi hanno deciso di ignorare.
La pandemia non è un inevitabile “castigo divino”, ma la conseguenza di comportamenti collettivi e scelte politiche che hanno sposato teorie economiche e finanziarie, insensibili verso i principi di solidarietà, prudenza e sostenibilità.
In questi decenni sono prevalse le teorie che privilegiano l’individualismo, l’arricchimento esasperato (senza minimamente considerare il tema di una equa distribuzione della ricchezza), la finanziarizzazione dell’economia e lo sfruttamento incondizionato delle risorse.
E’ maturo il tempo di una rivoluzione culturale che abbia al centro la collettività e non il singolo, che guardi al mondo come all’unica casa comune per tutti e non più come a una risorsa da sfruttare per l’avidità di pochi.
Occorre che lo Stato e le pubbliche amministrazioni ritrovino il senso ed il profondo valore che la Costituzione gli attribuisce, cioè quello di unici soggetti titolati alla tutela dell’interesse pubblico, ritrovando in questo la forza e la volontà di agire nella economia, non solo in termini regolatori, ma anche agendo come soggetto attivo.
Le politiche di intervento pubblico a sostegno dell’economia, di investimento in infrastrutture e in “asset strategici” non vanno più considerati come tabù o vecchi strumenti del secolo scorso come affermato dal pensiero neoliberista degli ultimi decenni egemonizzando l’agire politico, saranno invece l’unica soluzione alla crisi economica e produttiva indotta dalla pandemia.
Solo con un importante piano di investimenti pubblici, di stimolo alla domanda interna, potremmo uscire da una condizione di enorme difficoltà economica e produttiva. Occorre che le forze sociali del lavoro, le organizzazioni di rappresentanza del mondo produttivo in ogni sua declinazione, il privato sociale, insieme alle pubbliche amministrazioni del nostro territorio e dell’intero Paese, trovino con forza la capacità di “fare sistema”, di abbandonare alcune logiche particolaristiche e di specifici settori e per una volta, cerchino di immaginare politiche e azioni comuni, per programmare e realizzare un sistema produttivo, sostenibile, innovativo, che possa trainare una ripresa che garantisca benessere collettivo e diffuso.
Un sistema che garantisca ambienti di lavoro sicuri, salubri e che abbandoni le logiche di separatezza e indifferenza che stavano profondamente minando, soprattutto negli ultimi decenni, anche il nostro modello di sviluppo e di vita locale.
Abbiamo bisogno di risolvere alcuni nodi cruciali che ci trasciniamo da anni, dal punto di vista delle infrastrutture logistiche e sociali, così come abbiamo bisogno di abbandonare quei modelli produttivi che troppo spesso basavano la loro sostenibilità sullo sfruttamento del lavoro e sulla sua precarietà. Dobbiamo garantirci la sostenibilità e la tutela del patrimonio ambientale e culturale del nostro territorio, piuttosto che fossilizzarci su vecchi modelli produttivi a bassa marginalità di prodotto e scarsa capacità di investimento.
E’ necessario concentrare gli sforzi su l’economia circolare che tutti noi lodiamo senza però investirci concretamente.
Dobbiamo puntare sulla formazione e sulle capacità delle nuove generazioni e non abbandonarle in percorsi di competitività al ribasso per costruirsi il proprio futuro.
La volontà di determinare il nostro futuro è nelle nostre mani. Mai come oggi abbiamo capito che i comportamenti e le decisioni collettive ci mettono nelle condizioni di determinarlo. In questi obiettivi, nella consapevolezza che nulla accade per caso, riscopriamo il senso di questo Primo Maggio: Il valore del “noi” ha molta più forza e senso del valore dell’”io”. Buon Primo Maggio e buon lavoro a tutti noi.”

Roberto Rossini (CGIL)  Maurizio Andreolini (CISL)  Paolo Rossini (UIL)

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