Marcinelle: il 9 settembre (ore 17) all’Hotel Blu Arena di Vallefoglia l’approfondimento storico.

Dopo lo spettacolo dell’8 agosto scorso al Teatro della Fortuna di Fano sarà questa seconda serata a fornire le basi storiche alla catena di eventi e suggestioni che ha caratterizzato la vicenda “Marcinelle”.

Lo farà ricostruendo il rapporto tra Pesaro e Marcinelle, a cura di Marco Labate. Lo farà con Emilio Franzina, uno degli storici che meglio hanno indagato il rapporto tra storia nazionale ed emigrazione, tra emigrazione e modernizzazione dell’Italia.

Non va dimenticato che l’Italia fu travolta da un’inflazione terribile nel dopoguerra, che aggiunse miseria alle devastazioni della guerra; ma – nonostante queste premesse – appena quindici anni dopo la fine della guerra (1960) la lira italiana riceverà l’oscar per la stabilità delle monete; e in quei quindici anni l’economia italiana riuscirà a crescere con tassi (fino al 7% annuo) che oggi solo la Cina può permettersi.

Sembra quindi doveroso riconoscere che quei morti di Marcinelle, e anche i sopravvissuti e gli emigranti in generale siano da considerare un fattore fondamentale che ha prodotto il “miracolo economico” (le rimesse degli emigrati sono state definite dallo storico Gino Massullo, “una fantastica pioggia d’oro”); e che, in tempi in cui si pensa di poter cambiare le monete come se fossero bandierine o distintivi, i morti in miniera, come ogni giovane che pianse scendendo per la prima volta nei pozzi, vanno ricordati come padri reali di questa nostra patria e delle sue ricchezze, come artefici fondamentali dello sviluppo del nostro territorio, uno sviluppo impossibile da spiegare con i canoni del neoliberismo.
E padri sono da considerare anche per l’Europa, per l’dea di Europa che inizia ad entrare nel senso comune della gente proprio attraverso la contaminazione di italiani con belgi, o spagnoli con tedeschi, portoghesi con francesi.

Quegli uomini e quelle donne vivendo nel Belgio delle miniere, i loro stessi figli, ci aiutano a riconoscere come le migrazioni si confermino una solida radice dell’Europa moderna, dell’Europa pacifica senza imperi o trincee o razze superiori; dell’Europa che saputo definire la tolleranza, la libertà, i diritti, la legalità, l’uguaglianza; che ha prodotto innovazione, sviluppo, ricchezza.

Da secoli, le migrazioni che hanno costruito questa Europa sono sempre state generate dalle più diverse motivazioni: la guerra, oppure la persecuzione politica o religiosa, la fame, o il bisogno di un lavoro dignitoso.
Per l’Italia, l’emigrazione da secoli è un segno di dinamismo sociale, e ne è anche il prodotto; oggi, che importiamo mano d’opera dopo aver esportato nel mondo 30 milioni di connazionali, stiamo faticosamente riscoprendo come sia fisiologico emigrare e come sia importate accogliere.
Anche per questi motivi Marcinelle non va dimenticata.

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