“Ceriscioli vorrebbe fare di più, ma poi non da le risorse necessarie ”
Simona Ricci (Cgil): «Il decalogo va bene, ma non c’è coerenza»

di SIMONA SPAGNOLI
«IL DECALOGO per abbattere le liste d’attesa è positivo per la buona volontà e la tempistica con cui è stata approvato – è il commento di Simona Ricci, segretaria generale della Cgil Pesaro-Urbino. Entrando nei dettagli del provvedimento, però, si riscontrano diversi elementi di preoccupazione».
Quali?
«Intanto non possiamo fare a meno di sottolineare la mancanza di coerenza tra un sistema che dovrebbe dare risultati nell’arco dei famosi 300 giorni indicati dal presidente Ceriscioli, e che viene approvato a tappe forzate senza aver definito i budget né per l’Asur, tanto meno per l’Azienda Marche Nord».In soldoni cosa vuol dire?
«E se si conta che siamo molto indietro con le assunzioni programmate, e che al personale non si può chiedere di aggiungere altre ore – per abbattere le liste d’attesa – all’orario istituzionale e a quello aggiuntivo, non si capisce con quali presupposti questo provvedimento possa funzionare. Poi c’è un’altra contraddizione».Ci dica.
«Il fatto che si spinga l’acceleratore sull’indicazione del codice di gravità, un provvedimento di carattere nazionale che risale almeno a tre anni fa e dovrebbe essere già entrato in vigore essendo il presupposto fondamentale per il funzionamento del sistema, non chiarisce cosa sia cambiato nell’operatività dei medici di famiglia e quale sarà il ruolo degli altri attori del sistema».


Altre perplessità?

«La maggior gran parte dei provvedimenti era già nella delibera 1/2014, e in altri atti regionali che si sono susseguiti tra il 2011 e il 2013. Alla domanda di cosa ci sia di diverso in questo decalogo rispetto ai precedenti, il direttore del Servizio Salute Piero Ciccarelli ha risposto: ‘La volontà politica’. E’ un’affermazione che in linea di principio mi preoccupa, soprattutto in un settore che ha avuto, ha ed avrà una gestione manageriale con budget assegnati».

In questo quadro, come giudica il ruolo dei privati?
«Resta molto indefinito. Il testo non entra nel merito di cosa siano le prestazioni concorrenziali, né quale ricaduta abbiano sul personale che lavora nelle strutture private che benissimo non sta dal punto contrattuale».

Il ritorno alle agende a suo parere disconosce la validità del Cup?
«Sul Centro Unico di Prenotazione andrebbe aperta una discussione facendo un bilancio sulla sperimentazione. Ricordo che altrove i risultati sono stati mediamente positivi: il fatto che, a un anno e mezzo dal precedente atto d’indirizzo, si rimetta mano al sistema mi fa pensare che il meccanismo si sia inceppato».

Quindi bisogna cercare le responsabilità?
«E allora bisogna capire cosa non ha funzionato, capire dove si sia sbagliato, invece di inventare meccanismi nuovi con esiti molto incerti».

Il presidente Ceriscioli è pronto a scommettere sui risultati, lei cosa dice?
«Bisognerà vedere che rapporto ci sarà tra la riduzione degli esami diagnostici garantiti dal Servizio sanitario nazionale e il progetto varato nelle Marche. Se una prestazione non la devo più garantire, è chiaro che le attese automaticamente si cancellano per effetto del provvedimento del governo, non certo per merito della Regione».
La sua posizione pare critica, ma con un fondo di apertura.
«In realtà confido nella tempistica indicata nel decalogo: noi come sindacato saremo lì a verificare».
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