La retorica identitaria di Ciccioli non piace allo Spi Cgil

Loredana Longhin, segretaria generale Spi  Pesaro Urbino risponde al capogruppo Fdl in Consiglio regionale

PESARO, 12 maggio 2021 – Come segretaria del sindacato pensionati della CGIL di Pesaro e Urbino, non posso tacere di fronte alla tracotanza con cui l’esponente politico di FdI nell’intervista di domenica 9 maggio sul Corriere Adriatico, afferma l’importanza dell’identità, ergendosi a paladino del cambiamento della società.

A dire il vero le sue sono parole che fanno tremare le vene e i polsi, perché non possiamo non avvertire dietro quelle parole apparentemente così semplici e scontate l’eco sordo della retorica identitaria che ci riporta inevitabilmente ad un nazionalismo latente.

Il capogruppo sembra che sia alla affannosa ricerca di un’identità, perché più volte nelle sue precedenti dichiarazioni ha parlato di un’etnia che rischia di essere sostituita da quella straniera.

Questo atteggiamento dimostra da parte sua un’ossessiva reazione di chiusura e rifiuto, alla ricerca di una mitica “identità naturale”.

I termini identità, etnicità, utilizzati da Ciccioli, servono solo a distinguere e a dividere, l’esatto contrario di quella che è la visione inclusiva del sindacato.

Fabbricare l’identità serve solo ad alzare barriere e muri contro chi è diverso da noi. Ma sta proprio in questo l’errore: non si perde la propria identità se si impara da chi è diverso da noi, si sbaglia alla grande se si utilizza la diversità per definire la propria identità, perché le identità non sono dei monoliti, ma mutano, cambiano si trasformano, è la storia stessa che ce lo insegna.

A Ciccioli consigliamo  la lettura dell’ultimo libro di Guido Alpa che scrive: “L’identità non può essere discriminatoria, ma presuppone la lotta alle discriminazioni”.

Dopo l’ennesima boutade, siamo convinti che tra noi del sindacato pensionati della Cgil, che abbiano nel nostro Dna la cultura dei diritti, il valore della differenza, la tutela dei più deboli, e l’identità millantata da Ciccioli, ci sia un’incompatibilità ontologica insanabile, perché noi non vogliamo costituire né identità, né etnie, ma una società fondata sui valori della Costituzione, dove tutte le diversità siano considerate un valore e non un pretesto per alzare muri”.

Loredana Longhin

Segretaria generale Spi Cgil Pesaro Urbino

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Anziani nelle strutture: i sindacati pensionati chiedono l’applicazione dell’ordinanza del ministero della Salute

PESARO, 11 maggio 2021 –  I sindacati dei pensionati SPI Cgil, FNP Cisl e UILP Uil di Pesaro e Urbino chiedono la possibilità, per i parenti degli ospiti delle strutture residenziali per anziani, di poter visitare i propri cari.

L’ordinanza del ministero della Salute, che, appunto, riapre le strutture alle visite dei famigliari, rappresenta da un lato un gesto di buonsenso, ma sancisce anche un diritto di civiltà al quale va data piena applicazione.

Al provvedimento ora va data applicazione da parte delle Aziende sanitarie locali e dalle Direzioni sanitarie delle singole strutture, che dovranno valutare il contesto epidemiologico di riferimento.

In particolare, queste dovranno dare indicazioni per assicurare che le visite avvengano in sicurezza, disponendo l’eventuale sospensione solo in caso di focolai non gestibili o di zona rossa.

Dal momento che circa l’80 per cento degli ospiti delle strutture hanno ricevuto la prima dose di vaccino, chiediamo che all’ordinanza venga data immediata attuazione.

Ad un anno e mezzo dall’inizio della pandemia, la necessità di prevenire nuovi contagi va modulata con quella di valorizzare e promuovere le relazioni sociali, interpersonali e familiari degli anziani ricoverati, per i quali l’isolamento vissuto in questo mese ha rappresentano causa di gravissime sofferenze, portando ansia, depressione e conseguente decadimento fisico.

Come sindacati dei pensionati siamo fin da ora disponibili ad un incontro per discutere le modalità delle riaperture alle visite, in relazione alla situazione attuale al loro interno.

Allo stesso tempo riteniamo necessario che venga aperto un confronto con la Regione Marche e l’ASUR per ripensare ad un modello di assistenza residenziale per le persone non autosufficienti (rette in capo agli utenti, minuti di assistenza garantiti, requisiti strutturali minimi, numero di posti per stanza e altro)  che la pandemia ha dimostrato essere profondamente sbagliato e pericoloso, in quanto basato solo su aspetti gestionali ed organizzativi che non tengono conto della sfera relazionale degli ospiti.

I Responsabili di SPI – FNP – UILP Pesaro Urbino

Loredana Longhin (Spi) Vittorio Calisini (Fnp) Paolo Sacchi (Uilp)

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Indennità CoViD – 2400 € – Somministrati – Scadenza 31 maggio 2021

Tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori che tra il 1 gennaio 2019 e il 23 marzo 2021 hanno avuto un contratto di somministrazione con un’agenzia per il lavoro in un settore diverso da turismo e stabilimenti termali, possono richiedere l’indennità omnicomprensiva di 2.400 euro, prevista dal Decreto Sostegni.

REQUISITI

  • Rapporto di lavoro cessato tra il 1° gennaio 2019 e il 23 marzo 2021
  • Almeno 30 giorni di lavoro tra il 1° gennaio 2019 e il 23 marzo 2021
  • Alla data di presentazione della domanda, NON essere titolari di:
    • pensione diretta
    • rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato
    • Reddito di Emergenza
    • indennità per lavoratori sportivi.

L’indennità è compatibile con la NASpi e con eventuale rapporto di lavoro subordinato a termine in essere

CONTATTACI

Se sei già iscritto, o iscrivendoti, puoi verificare i requisiti contattandoci:
Valentina D’Addario – NIdiL CGIL Pesaro e Urbino
Cellulare: 344 274 75 35
E-Mail: v.daddario@marche.cgil.it

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SPI CGIL Pesaro Urbino #SemprePiùInsieme – N.2

A PROPOSITO DI SPI

L’anno scorso, per il 1°Maggio, l’inno dei Lavoratori l’hanno cantato per noi Tiziana
Gasparini, Anna Tagliabue e Stefano Maimone.
Ve la offriamo, digitalmente, anche quest’anno.

I NOSTRI SERVIZI

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I numeri delle pensioni nella provincia
di Pesaro – Urbino

Sono 117 mila le prestazioni pensionistiche e assistenziali attualmente erogate dall’INPS nella provincia di Pesaro Urbino, e di queste oltre 60 mila sono le pensioni di vecchiaia (pari al 51,5% del totale), 9 mila sono le pensioni di invalidità (8,2%), 22 mila le pensioni ai superstiti (19,1%), quasi 4 mila le pensioni/assegni sociali (3,3%) e 21 mila sono le prestazioni a invalidi civili (17,9%).
E’ quanto emerge dai dati dell’INPS sulle pensioni vigenti nel 2021 (escluse le gestioni dei lavoratori pubblici), elaborati dall’IRES CGIL Marche.

Dal 2017 il numero delle pensioni complessivamente erogate nella nostra provincia è diminuito del 3,1%, pari a circa 3.700 mila prestazioni in meno.

Nello stesso periodo si è notevolmente innalzata l’età media dei percettori delle pensioni di vecchiaia. Ciò è particolarmente evidente per coloro che sono stati lavoratori dipendenti: i pensionati con meno di 65 anni di età sono appena l’11,6% del totale, mentre coloro che hanno oltre 80 anni sono passati, in cinque anni, dal 33% al 36,1%.

L’importo medio delle pensioni vigenti nella provincia di Pesaro Urbino è di 811 euro lordi, con valori medi che variano dai 1.080 euro delle pensioni di vecchiaia ai 419 euro delle pensioni e assegni sociali.

L’importo medio delle pensioni di vecchiaia nella provincia è il più alto delle Marche (45 euro mensili in più della media regionale) ma di molto inferiore a quello nazionale ( -167 euro lordi).

Significativa è la differenza tra uomini e donne relativamente all’importo della pensione di vecchiaia: se i primi percepiscono 1.345 euro lordi, le donne arrivano a 746 euro, pertanto queste ricevono mediamente 598 euro in meno ogni mese (-44,5% rispetto agli uomini).

Nella provincia di Pesaro Urbino quasi 76 mila prestazioni pensionistiche, pari al 64,5% del totale, sono inferiori a 750 euro al mese: dunque, 2 pensionati su 3 percepiscono un importo che non consente loro di superare la soglia della povertà. Anche da questo punto di vista si confermano notevoli differenze di genere: gli uomini con pensioni fino a 750 euro sono il 43,8% del totale, mentre per le donne tale percentuale sale al 80,1%.

Per Roberto Rossini, Segretario generale CGIL provinciale: “I dati testimoniano la necessità urgente di una riforma complessiva del nostro impianto previdenziale che dovrà prevedere la possibilità di accesso flessibile alla pensione, il riconoscimento della diversa gravosità dei lavori, la valorizzazione del lavoro di cura e del lavoro delle donne, che come si evince dai dati sono quelle più penalizzate.

Inoltre, è il momento di prevedere un meccanismo che tuteli le future pensioni dei giovani, in particolare coloro che hanno carriere discontinue con basse retribuzioni. E’ necessario garantire tutele continue nella discontinuità del lavoro, e a tal fine serve un sistema pensionistico che non solo assuma in modo strutturale un criterio di flessibilità, ma che lo applichi senza penalizzazioni alle categorie più esposte.”

“E’ necessario e urgente – commenta Loredana Longhin, segretaria generale SPI CGIL provinciale disegnare una riforma strutturale del sistema previdenziale che superi le attuali rigidità e che decorra dal gennaio 2022, alla scadenza di Quota 100”.

Per il sindacato la legge Fornero deve essere cambiata perché rigida e iniqua e perché al suo interno non lascia spazio alle nuove generazioni, le donne e men che meno a chi svolge lavori più gravosi.

Bisogna considerare che in questi anni è cambiato completamente il paradigma entro cui si muove il sistema previdenziale: si continua a ragionare come se fossimo nel sistema retributivo, mentre il fatto vero è che ormai per tutti è prevalente la componente contributiva.

Ci auguriamo che da questa pandemia tutti sappiamo trarre qualche insegnamento e che si determini una spinta a un cambiamento dell’attuale paradigma previdenziale.

Oggi più che mai serve garantire un maggiore potere d’acquisto per i pensionati e promuovere le adesioni alla previdenza complementare, come altro pilastro de sistema previdenziale”

Storia – Memoria – Attualità

Il senso del 27 marzo 1886 per il lavoro

di Stefano Massini

Era il 27 marzo 1886 e a Milano veniva eseguito per la prima volta l’Inno dei Lavoratori. Generazioni intere si sono riconosciute in quelle parole,le hanno vissute come un appello e un mantra, rispecchiando in esse il senso di una militanza, per cui rileggere i versi, a distanza di 135 anni, si presta inevitabilmente a una riflessione sul valore perso del lavoro, oggi divenuto più che mai un mero strumento di sopravvivenza piuttosto che una ragione d’esistenza quale era nel dettato del compositore del testo.
Là si parla di unità, di battaglie comuni, di un fronte coeso, e subito il pensiero corre alla giungla del precariato, ai call center, ai riders, alla selva dei contratti barbari senza garanzia alcuna, in cui ognuno è un cane sciolto ricattato in nome di “c’è la fila fuori”.Per di più a rendere stonato il ritornello “Il riscatto del lavoro”, c’è il dettaglio non marginale che nel 2021 contiamo mesi e mesi di sospensione sanitaria per intere categorie, una emergenza letta troppo spesso solo come disastro economico da ammortizzare con sussidi. E del ruolo etico del lavoro chi più si interessa? Del suo essere perno per una identità, del suo implicare un contributo alla comunità in cui si vive, nessuno fa più menzione. La professione coincide con la prestazione, scissa dal contesto e dalla socialità che invece il lavoro il lavoro reclama come elemento sostanziale. Ma niente, inutile insistere,proibito dire che la mancanza di lavoro non è solo assenza di stipendio, e che se togli alle api il loro faticare, lo sciame impazzirà, con tutto che non hanno buste paga. Per gli uomini non è così diverso, alla fine.

Inno dei lavoratori

Su fratelli, su compagne,
su, venite in fitta schiera:
sulla libera bandiera
splende il sol dell’avvenir.

Nelle pene e nell’insulto
ci stringemmo in mutuo patto,
la gran causa del riscatto
niun di noi vorrà tradir.

Il riscatto del lavoro
dei suoi figli opra sarà:
o vivremo del lavoro
o pugnando si morrà.

La risaia e la miniera
ci han fiaccati ad ogni stento
come i bruti d’un armento
siam sfruttati dai signor.

I signor per cui pugnammo
ci han rubato il pane,
ci han promessa una dimane:
la dima si aspetta ancor.

Il riscatto del lavoro
dei suoi figli opra sarà:
o vivremo del lavoro
o pugnando si morrà.

L’esecrato capitale
nelle macchine ci schiaccia,
l’altrui solco queste braccia
son dannate a fecondar.

Lo strumento del lavoro
nelle mani dei redenti
spenga gli odii e fra le genti
chiami il dritto a trionfar.

Il riscatto del lavoro
dei suoi figli opra sarà:
o vivremo del lavoro
o pugnando si morrà.

Se divisi siam canaglia,
stretti in fascio siam potenti;
sono il nerbo delle genti
quei che han braccio e che han cor.

Ogni cosa è sudor nostro,
noi disfar, rifar possiamo;
la consegna sia: sorgiamo
troppo lungo fu il dolor.

Il riscatto del lavoro
dei suoi figli opra sarà:
o vivremo del lavoro
o pugnando si morrà.

Maledetto chi gavazza
nell’ebbrezza dei festini,
fin che i giorni un uom trascini
senza pane e senza amor.

Maledetto chi non geme
dello scempio dei fratelli,
chi di pace ne favelli
sotto il pie dell’oppressor.

Il riscatto del lavoro
dei suoi figli opra sarà:
o vivremo del lavoro
o pugnando si morrà.

I confini scellerati
cancelliam dagli emisferi;
i nemici, gli stranieri
non son lungi ma son qui.

Guerra al regno della Guerra,
morte al regno della morte;
contro il dritto del del più forte,
forza amici, è giunto il dì.

Il riscatto del lavoro
dei suoi figli opra sarà:
o vivremo del lavoro
o pugnando si morrà.

O sorelle di fatica
o consorti negli affanni
che ai negrieri, che ai tiranni
deste il sangue e la beltà.

Agli imbelli, ai proni al giogo
mai non splenda il vostro riso:
un esercito diviso
la vittoria non corrà.

Il riscatto del lavoro
dei suoi figli opra sarà:
o vivremo del lavoro
o pugnando si morrà.

Se eguaglianza non è frode,
fratellanza un’ironia,
se pugnar non fu follia
per la santa libertà;

Su fratelli, su compagne,
tutti i poveri son servi:
cogli ignavi e coi protervi
il transigere è viltà.

Il riscatto del lavoro
dei suoi figli opra sarà:
o vivremo del lavoro
o pugnando si morrà.

Informazioni
Testo: Filippo Turati
esponente autorevole del socialismo italiano, che morirà
esule a Parigi nel 1932.

Musica: Amintore Galli
Nato a Perticara (allora provincia di Pesaro) nel 1845 e
combattente a Bezzecca (1866) con Garibaldi.

La prima esecuzione pubblica avvenne a Milano il 27 marzo 1886 nel salone del Consolato operaio in via Campo Lodigiano ad opera della Corale Donizetti.

Brevi cenni storici:

Il 1° Maggio nasce come momento di lotta internazionale di tutti i lavoratori, senza barriere geografiche, né tanto meno sociali, per affermare i propri diritti, per raggiungere obiettivi, per migliorare la propria condizione. “Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire” fu la parola d’ordine, coniata in Australia nel 1855 e condivisa da gran parte del movimento sindacale organizzato del primo Novecento. Si aprì così la strada a rivendicazioni generali e alla ricerca di un giorno, il 1° Maggio, appunto, in cui tutti i lavoratori potessero incontrarsi per esercitare una forma di lotta e per affermare la propria autonomia e indipendenza.

1886: 1°maggio una manifestazione operaia a Chicago era stata repressa nel sangue “massacro di Haymarket” in cui morirono 11 persone.

1890: Il 1° maggio per la prima volta manifestazione simultanea in tutto il mondo.

1891: La festa dei lavoratori diventa permanente.

Il 1°Maggio durante il fascismo:
Nel nostro Paese il fascismo decise la soppressione del 1° Maggio. Durante il ventennio fu fatto coincidere con la celebrazione del 21 aprile, il cosiddetto Natale di Roma. Mentre la festa del lavoro assume una connotazione quanto mai “sovversiva”, divenendo occasione per esprimere in forme diverse (dal garofano rosso all’occhiello, alle scritte sui muri, dalla diffusione di volantini alla riunione in osteria) l’opposizione al regime.

1945: Il 1° Maggio tornò a celebrarsi sei giorni dopo la Liberazione dell’Italia.

1947: L’eccidio di Portella della Ginestra
La pagina più sanguinosa della festa del lavoro venne scritta nel 1947 a Portella della Ginestra, dove circa duemila persone del movimento contadino si erano date appuntamento per festeggiare la fine della dittatura e il ripristino delle libertà, mentre cadevano i secolari privilegi di pochi, dopo anni di sottomissione a un potere feudale. La banda Giuliano fece fuoco tra la folla, provocando undici morti e oltre cinquanta feriti.
La Cgil proclamò lo sciopero generale e puntò il dito contro “la volontà dei latifondisti siciliani di soffocare nel sangue le organizzazioni dei lavoratori”.
La strage di Portella delle Ginestre, secondo l’allora ministro dell’Interno, Mario Scelba, chiamato a rispondere davanti all’Assemblea Costituente, non fu un delitto politico. Ma nel 1949 il bandito Giuliano scrisse una lettera ai giornali e alla polizia per rivendicare lo scopo politico della sua strage. Il 14 luglio 1950 il bandito fu ucciso dal suo luogotenente, Gaspare Pisciotta, il quale a sua volta fu avvelenato in carcere il 9 febbraio del 1954 dopo aver pronunciato clamorose rivelazioni sui mandanti della strage di Portella.

Il 1° Maggio oggi:
Le profonde trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini, la progressiva omogeneizzazione delle abitudini hanno profondamente cambiato il significato di una ricorrenza che aveva sempre esaltato la distinzione della classe operaia. Il modo di celebrare il 1 maggio è quindi cambiato nel corso degli anni. Da diversi anni Cgil, Cisl, Uil hanno scelto di celebrare la giornata del 1 Maggio promovendo una manifestazione nazionale dedicata.

E’ diventato un appuntamento anche il tradizionale concerto rock che i sindacati confederali organizzano in piazza San Giovanni a Roma.

1° Maggio 2021
CGIL, CISL, UIL
“L’Italia Si Cura con il Lavoro”

L’Italia Si Cura con il lavoro’, questo lo slogan scelto da Cgil, Cisl e Uil per l’edizione 2021 del Primo maggio, festa dei lavoratori, che anche quest’anno sarà caratterizzata, purtroppo, dall’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia di Covid-19.

“In una fase difficile della vita del Paese – fanno sapere Cgil, Cisl e Uil – in cui c’è bisogno di ripartire nel segno dell’unità, della responsabilità e della coesione sociale, vogliamo ribadire unitariamente il valore della centralità del lavoro, per ricostruire su basi nuove il nostro Paese ed affrontare con equità e solidarietà le gravi conseguenze economiche e sociali della pandemia”.

Tre gli eventi sindacali che le Confederazioni hanno organizzato per la giornata del Primo maggio 2021, che si svolgeranno presso alcuni luoghi simbolici del mondo del lavoro del nostro Paese e vedranno la presenza dei tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil. Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, sarà all’acciaieria AST di Terni; il segretario generale della CISL, Luigi Sbarra, sarà all’Ospedale dei Castelli in località Fontana di Papa in provincia di Roma e il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, sarà davanti alla sede Amazon di Passo Corese, in provincia di Rieti. I collegamenti andranno in onda, a partire dalle ore 12.15, nel corso di una edizione straordinaria del TG3 dedicata alla Festa dei Lavoratori.

Nel pomeriggio, a partire dalle ore 16.35 fino alle 24 (con una interruzione dalle 19 alle 20), sempre su Rai Tre sarà possibile seguire in diretta l’edizione straordinaria del Concertone del Primo Maggio condotto da Ambra Angiolini e Stefano Fresi. Nel corso della serata sono previsti gli interventi dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil e le testimonianze di nove tra lavoratrici, lavoratori e pensionati, oltre al contributo musicale di numerosi artisti.

L’hashtag della giornata sarà #1M2021

ARRIVEDERCI AL PROSSIMO NUMERO!!!

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